L’anno bisestile… lo usavano già gli antichi Egizi

Ogni quattro anni aggiungiamo un giorno nel nostro calendario, esattamente il 29 febbraio, e chiamiamo quell’anno bisestile. Come molti di noi già sapranno, facciamo questa operazione perchè l’anno solare, ovvero il tempo in cui la Terra compie una rotazione completa intorno al Sole, non è esattamente di 365 giorni, bensì di 365 giorni e 6 ore circa. In questo modo, aggiungendo un giorno ogni quattro anni, recuperiamo le ore di differenza.

Ebbene, già gli antichi Egizi avevano compreso la necessità di questa “aggiunta”. Infatti, la prima testimonianza al mondo dell’utilizzo dell’anno bisestile risale al 238 a.C. e ci giunge grazie al ritrovamento da parte di un gruppo di studiosi tedeschi della prima copia del Decreto di Canopo, datato III secolo a.C. e scritto in geroglifici egizi e in caratteri demotici, con una traduzione in greco antico sotto. Viene chiamata Stele di Tanis, perchè ritrovata tra le rovine dell’antica città di Tanis nel 1866, nel Delta del Nilo.

Come la più famosa Stele di Rosetta, anche quella di Tanis è scritta in due lingue, l’egizio (scritto sia in geroglifico che in demotico) e il greco antico. Si tratta di una lastra di calcare alta più di due metri e larga quasi un metro. L’iscrizione riporta un decreto del faraone Tolomeo III: questi decreti seguivano degli standard che possiamo ritrovare anche in altre testimonianze, come gli elogi al faraone dell’epoca, una descrizione delle campagne militari e la disposizione che una copia del decreto venga eretta in ogni tempio di rilievo. Infatti, di questa stele ne sono state ritrovate finora ben sei copie, complete o frammentate.

Ma veniamo alla traduzione del decreto istituito da Tolomeo III riguardo il calendario:

“E affinché le stagioni corrispondano sempre all’ordine stabilito dell’universo e non accada che alcune delle feste pubbliche che si svolto in inverno siano celebrate in estate, poiché il sole cambia di un giorno nel corso di quattro anni […] (si è deciso) di aggiungere d’ora in poi un giorno di festa in onore degli dèi […] ogni quattro anni ai cinque giorni supplementari, prima del nuovo anno, affinché tutti sappiano che il precedente difetto nella sequenza delle stagioni […]”

Infatti il calendario egizio prevedeva dodici mesi composti ciascuno da 30 giorni, più cinque giorni supplementari a fine anno. Ancora agli antici Egizi va il primato per l’uso di un calendario composto da 365 giorni, come ritrovato nei documenti della IV e V dinastia egizia, intorno al 2600 a.C.. Chiaramente, l’imprecisione che ne derivò in oltre 2000 anni fu sufficiente ad evidenziare la lenta deriva delle stagioni nel calendario. Con il Decreto di Canopo nel 238 a.C. si istituiva che, ogni quattro anni, i giorni supplementari diventassero sei.

Veduta del rovine dell’antica città di Tanis (foto di O. Louis Mazzatenta, NAT GEO IMAGE COLLECTION)

Le due copie del Decreto meglio conservate, quella di Tanis scoperta nel 1866 e quella ritrovata nel sito di Kom el-Hisn nel 1881, si trovano al Museo Egizio del Cairo. Pur essendo stati rinvenuti dopo la decifrazione della Stele di Rosetta nel 1822, le copie meglio mantenute del Decreto di Canopo presentano comunque un numero maggiore di geroglifici e il loro studio ha posto fine ad ogni dubbio residuo sulla decifrazione della Stele di Rosetta. Per questo motivo, la loro iscrizione è considerata seconda solo a quella della Rosetta per importanza nella comprensione dell’antico egizio.

In realtà, sappiamo alla fine che la disposizione di Tolomeo III di aggiungere un giorno in più ogni quattro anni non ebbe molto successo, anche se non sappiamo esattamente quando e perché le sue indicazioni furono ignorate. C’è la possibilità che i sacerdoti che controllavano il calendario non volessero modificare le loro tradizioni oppure, forse, pensavano che la deriva delle stagioni non potesse essere percepibile visto che la vita media dell’epoca era 40 anni. Quello che sappiamo è che, quando i Romani annessero l’Egitto nel 30 a.C., gli Egizi usavano ancora un calendario di 365 giorni e che, nel 22 a.C., pochi anni dopo che il calendario giuliano di ispirazione egizia fu adottato a Roma, l’imperatore Auguro reintrodusse il giorno bisestile presso gli Egizi.

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